Design, algoritmi e manifattura digitale: il futuro si costruisce così.

Riflessioni a partire dal podcast “Scintille” di Alessadro Ranellucci, con Amleto Picerno Ceraso

Cosa significa oggi progettare nel solco del Made in Italy? E cosa succede quando la bellezza e la tradizione si incontrano con l’algoritmo, la stampa 3D e i sistemi generativi?

In un episodio intenso e ricco di spunti del podcast Scintille – L’innovazione che ci piace, condotto da Alessandro Ranellucci, il fondatore di Medaarch Amleto Picerno Ceraso traccia una mappa del design contemporaneo, interrogandosi sulle sue trasformazioni più profonde. Non si parla solo di estetica o tecnica, ma di immaginario, impatti sistemici e responsabilità progettuale.

Il design come forma culturale

«La cultura del progetto è una cultura che si adatta, che osserva e reinventa. Non possiamo più pensare al design come a qualcosa che finisce con la forma».
Con questa affermazione Amleto apre la conversazione, spostando il focus dalla forma al sistema: un oggetto, oggi, non è solo un risultato estetico, ma l’effetto di processi complessi—tecnologici, sociali, ecologici.

Il design, dunque, non è solo risposta a un bisogno funzionale: è costruzione di visioni, è scelta di materiali, è economia dei processi. È politica, in senso alto.

L’algoritmo come nuovo scalpello

Uno dei passaggi più affascinanti riguarda il rapporto tra creatività e automazione. «Il designer che oggi sa scrivere codice è come lo scultore del passato con in mano uno scalpello. Ma invece della pietra, scolpisce dati, modelli matematici, simulazioni».

Amleto racconta come l’uso di software parametrici e sistemi generativi non sia una semplice “comodità”, ma una rivoluzione epistemologica: il designer diventa in parte programmatori di possibilità, capaci di far emergere soluzioni non più rigidamente predefinite, ma esplorate in tempo reale attraverso l’interazione uomo-macchina.

Dal pezzo unico alla varietà sistemica

Un punto cruciale è quello che riguarda la fine dell’unicità come valore assoluto. Amleto spiega che «non è solo l’unicità formale a dare senso a un oggetto, ma la sua appartenenza a un ecosistema di relazioni, funzioni, contesti».

Da qui il tema della varietà come valore: la manifattura digitale permette di progettare sistemi adattivi, capaci di rispondere in modo specifico a contesti specifici, superando la logica della standardizzazione industriale.

L’intelligenza artificiale e il ruolo umano

Un passaggio importante è dedicato all’uso dell’intelligenza artificiale nei processi creativi. Amleto non la vede come sostituto del progettista, ma come “un compagno di viaggio”, una macchina che amplifica le possibilità umane.
«Non dobbiamo avere paura dell’AI. Dobbiamo solo decidere che ruolo vogliamo darle. È uno specchio che ci costringe a fare domande migliori su chi siamo e cosa vogliamo creare».

L’AI non genera significato—questo rimane compito del progettista. Ma può generare variazioni, pattern, scenari. Un lavoro a quattro mani, tra razionalità e intuizione.

Dal prodotto al contesto

Amleto chiude con un appello alla responsabilità sistemica del design. Non basta più creare oggetti “ben fatti”. Il nuovo design è chiamato a generare valore nel tempo, relazioni durevoli, sostenibilità concreta.

«Abbiamo bisogno di progetti che producano contesto. Oggetti che non siano fine a sé stessi, ma che contribuiscano a trasformare in meglio l’ambiente in cui vengono inseriti».

Per approfondire

Il podcast è disponibile su Spotify e rappresenta un’occasione preziosa per chi si occupa di design, innovazione, educazione o manifattura.

Un dialogo profondo e autentico, che invita a ripensare il ruolo del progetto oggi: non come semplice risposta estetica, ma come leva culturale e sistemica per generare impatto reale.

 

 

 

By Categories: Big Thinking, design, Notizie, ProjectsPublished On: 1 Agosto, 2025

Condividi: