La Striscia di Gaza è una terra devastata dalla guerra e da condizioni costanti di emergenza umanitaria ed economica. In questo articolo, Andrea La Frazia in questo articolo scritto per openbiomedical.org racconta di come il dottor Talek Loubani utilizzi le nuove tecnologie, come la stampa 3D, per superare limiti e portare aiuti alla popolazione di Gaza, attraverso il Glia Project, un progetto open source, che si propone di portare device biomedicali stampati in 3D e costantemente aggiornati, in aree come Gaza.

Buona lettura!

Il blocco militare israeliano, imposto da Hamas, nei confronti della Striscia di Gaza, soffoca ormai dal giugno 2007 la popolazione di un territorio, dal punto di vista geografico, limitatissimo[1]. Disoccupazione e aumento dei prezzi hanno costretto la popolazione, la cui metà è fatta da bambini, a condizioni di estrema povertà. La vita di quattro abitanti su cinque dipende dagli aiuti umanitari. Filo spinato, mura d’acciaio e militari tengono chiusi i valichi terrestri di frontiera. Manca acqua potabile e cibo. Manca elettricità. Le forniture da parte delle associazioni umanitarie vengono limitate. La carenza di attrezzature e di medicinali non assicura la salute dei civili.  Quelli che non possono essere curati a Gaza necessitano di un permesso per potersi recare in ospedali vicini, in Palestina o in Cisgiordania.  Quelli che non possono essere curati a Gaza spesso muoiono nell’attesa di ricevere questo permesso.

Dal bisogno di fronteggiare la grande esigenza di cure mediche e dall’impossibilità di farlo in assenza di attrezzature, nasce il Glia Project, un progetto open source, che si propone di portare device biomedicali, stampati in 3D, in aree come Gaza. L’idea è venuta al medico, appena trentaquattrenne, Tarek Loubani, di origine palestinese, ma con cittadinanza canadese. Dr. Loubani, durante la Guerra degli Otto Giorni, nel 2012, prestava servizio nell’ospedale di Shifa, il più importante di Gaza. Costretto, insieme agli altri medici, ad affrontare l’arrivo dei troppi feriti, disponendo di due soli stetoscopi, sente che la volontà di cambiare le cose è ormai esigenza.

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Poi l’idea. La serendipity: il trovare la risposta in circostanze insospettabili! Giocando con il nipote, infatti, Dr. Loubani realizza che, così come uno stetoscopio giocattolo, anche uno di uso medico può servirsi di un tubo auricolare non in acciaio inox.  Così, dopo anni impiegati a perfezionare il progetto di uno stetoscopio in plastica e 3D printable, finalmente lo scorso agosto il prototipo è stato presentato. Lo stetoscopio può essere creato a costi ridottissimi, appena $2.50, e in tempi standard di produzione grazie alla tecnologia 3D. E’ semplice, economico e risponde alle esigenze dei medici e dei pazienti.

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 “Il modello di stetoscopio Glia è davvero uno strumento di alta qualità. L’ho usato su molti dei miei pazienti nel reparto di emergenza.[…] E’ funzionale o migliore rispetto al Littmann Cardiology III[2] “.

Così  il dottor Jonathan Dreyer, direttore di ricerca in medicina d’emergenza presso la University of Western, si riferisce al risultato del lavoro di Dr. Loubani e del suo team. Il Glia Project si sta evolvendo anche nel campo della chirurgia. Aghi per suture e pulsossimetri stampabili sono già in progetto. Per quanto riguarda i materiali, Dr. Loubani si rende conto dei limiti presenti al momento ma continua a essere speranzoso.

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Chiaramente la medicina necessita di materiali sicuri e anallergici. Al momento ci si serve di alcuni materiali plastici, approvati dall’FDA[3] , come l’ABS, il nylon 680 e il  PET. Per la stampa in materiale metallico la cosa si complica. I costi diventano eccessivi e, adesso, impossibili da sostenere. Trascurando i limiti, va riconosciuta quella che è la vera rivoluzione del Glia Project. La possibilità di superare i blocchi di tipo militare svincola il settore biomedicale dall’altalena politico-economica di Gaza e di aree altrettanto delicate. Producendo l’attrezzatura on-site e on-demand non ci si imbatte nel rischio di essere colti impreparati dalla tragedia della guerra.

Riconoscendo le potenzialità delle tecnologie di cui disponiamo, Dr. Loubani ha voluto prendere in mano la situazione con determinazione.

“Qualcuno doveva fare giusto un po’ di lavoro e spendere un po’ di soldi. Non mi sento proveniente da una terra lontana. Sono palestinese e ho vissuto da rifugiato i primi tredici anni della mia vita.[…] Ora ho il lusso di possedere un passaporto canadese e un posto nella prestigiosa Division o Emergency Medicine. Ho la possibilità di connettere due mondi diversi. Quando ho riconosciuto il problema cercando di curare i pazienti nel 2012, non mi sono chiesto ‘Perché qualcun altro?’, mi sono chiesto ‘Perché non io?’ “.

Così Dr. Loubani ha agito con fermezza, consapevole della potenza della stampa 3D e dell’impatto che il suo impiego avrebbe avuto su un’area come Gaza. Ma quanto ci metterà l’utilizzo di stampanti 3D, l’open source e il low cost a guastare i piani economici dei potenti, che mirano a mantenere la popolazione di Gaza in ginocchio? La speranza è che, almeno il settore sanitario, possa continuare a servirsi di ciò di cui ha bisogno.  La speranza è che questo momento non arrivi.

[1] La Striscia di Gaza è un territorio tra Israele e Egitto di appena 45 km di lunghezza e 10-12 km di larghezza.

[2] E’ il modello di stetoscopio più impiegato e ha un costo che si aggira intorno ai $200.

[3] Food and Drug Administration,  agenzia governativa statunitense.

Repost: Andrea La Frazia per openbiomedical.org 

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By Categories: NotiziePublished On: 12 Novembre, 2015

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