Jennifer Berry è una biologa e artista che da sempre ha studiato le api e altri aspetti della natura, evidenziando la funzione di produzione di questi insetti laboriosi.
Ma di recente ha sviluppato un progetto dal titolo B-code 3D printer nel quale parla di quanto il processo di additive manufacturing proprio della tecnologia di stampa 3D sia simile al processo produttivo che mettono in essere le api per costruire i loro alveari: ‘Le api sono le prime stampanti 3D al mondo. Lavorano in un materiale composto dai loro stessi corpi, formato a temperatura corporea, con un materiale che è commestibile, biodegradabile e riciclabile”, dice Berry.
Suona bene “le api sono le prime stampanti 3D al mondo”, non credete?

b-code-natural-3d-printer-jennifer-berry-harnesses-bees-to-make-objects-1

Jennifer Berry è partita proprio dall’idea che la natura costruisce le sue cose attraverso “parti che crescono”, per sviluppare la sua ricerca verso una stampante 3D biologica. “B-code è un progetto rivoluzionario, in quanto le stampe sono realizzate con un biopolimero che è completamente commestibile, biodegradabile e sostenibile, privo di dipendenza dal petrolio, di emissione di carbonio e di produzione di sprechi”, spiega Berry.

Nel caso “naturale” delle api, l’ugello è la bocca dell’insetto che produce lunghi fili i quali vengono depositati gli uni sopra gli altri e curati attraverso l’aria, per formare gli alveoli. Il “filamento”, in questo caso, è anche un materiale da costruzione notevole (e commestibile): “La formula chimica della cera d’api è C15H31COOC30H6I, e contiene oltre 300 componenti chimici individuali. Questo biopolimero è simile ad altri termoplastici utilizzati dagli esseri umani prima delle più tossiche e persistenti plastiche derivate dal petrolio, che oggi sono entrate nell’uso quotidiano.”, spiega Berry.

b-code-natural-3d-printer-jennifer-berry-harnesses-bees-to-make-objects-4

Esistono delle interessanti similitudini tra l’istinto di un’ape e i computer che utilizziamo: “Le api lavorano utilizzando una semplice logica, molto simile ai codici utilizzati nel computing moderno, ovvero il codice binario, if-then statements, e go to statements. Io chiamo questo set di istruzioni B-code”, dice Berry.

Ma come fanno le api a stampare in 3D? Le api realizzano regolarmente esagoni con una deviazione di due millimetri, che alla fine deformano in cerchi. Berry spiega che questo è il risultato di milioni di anni di evoluzione, che ha portato le api oggi a costruire istintivamente strutture che presentano un’elevata resistenza alla trazione ed una superficie minima. Il fatto che gli alveari siano in grado di supportare fino a cinquanta volte il loro peso, e una caratteristica naturale dalla quale il settore della fabbricazione può sicuramente imparare.

b-code-natural-3d-printer-jennifer-berry-harnesses-bees-to-make-objects-3

Il miele di favo viene stampato in 3D da giovani api, grazie alle due mandibole disposte ai lati della bocca che modellano la cera che fuoriesce dalle ghiandole mandibolari. Consumando grandi quantità di miele, le api estrudono gli acidi grassi da queste ghiandole ad una temperatura tra 91 e 97 gradi, che rilasciano in piccole scaglie di circa 1 da 3 mm.

In breve, la somiglianza sembra essere tutta lì: le api adottano un approccio binario per l’estrusione di forme predeterminate con un filamento biologico, ma potente.

Il loro metodo di costruzione è un fatto sociale: sono, infatti, necessari gli interventi di almeno 120 operaie per la costruzione di una sola cella. Ciascuna operaia porta la sua particella di cera, l’inserisce nell’insieme e poi se ne va. La costruzione finale è di una regolarità perfetta. Per costruire i favi, le api si dispongono a catena, allacciandosi tra loro mediante le zampe anteriori e posteriori, in modo da formare numerosi festoni, attaccati alla soffitta dell’arnia per opera degli individui situati alle due estremità. I festoni di api lavorano indipendentemente, procedendo dall’alto verso il basso. Gli organi sensoriali della testa e delle antenne servono come organi di misurazione e permettono di realizzare la regolarità delle celle. Attraverso gli organi sensoriali le api ricevono dei dati concernenti l’avanzamento della costruzione di cera e la direzione che devono prendere. Il fatto singolare è che queste informazioni sono molto complesse, e che le api sono in grado di risolvere dei veri e propri problemi di costruzione, ma solo attraverso un approccio di coworking, o meglio ancora, di co-making.

 b-code-natural-3d-printer-jennifer-berry-harnesses-bees-to-make-objects-2

Quella di Jennifer Berry non è solo un’affascinante decostruzione della tecnologia di stampa 3D, ma si spinge oltre: prendendo i suoi principi B-code, Berry ha costruito una sorta di stampante 3D, utilizzando le api come gli estrusori e produttori di filamenti. Ciò è stato fatto non solo per documentare il processo di stampa in 3D, ma anche per provare a dar vita ad una vera e propria Bee 3D printer.

Questa stampante 3D assume la forma in un guscio chiuso che ripara e limita le api fornendo loro un ambiente di costruzione positivo. “Il guscio trasparente è fatto di PETG, un materiale un po’ scivoloso che scoraggerà le api nel collegare il miele direttamente al guscio”, spiega Berry.

b-code-natural-3d-printer-jennifer-berry-harnesses-bees-to-make-objects-5

Questo guscio, in sostanza, è la stampante 3D ma dotata di alcune caratteristiche particolari: “Un alveare deve mantenere un equilibrio all’interno, circa 92 gradi Fahrenheit, con una umidità tra il 50-60%.” Berry ha ricreato, quindi, l’umidità richiesta ponendo il guscio della 3D printer in una stanza a temperatura controllata, ma facendolo respirare con aperture schermate.

Anche se le api possono andare e venire durante la produzione, una volta che la stampa è stata completata l’unica via d’uscita è una porta a senso unico, che consente alle api di andarsene, e non tornare.“Questa strategia garantisce che sia il miele, sia la covata siano completamente rimossi prima che la stampa venga raccolta”, spiega la biologa. “Una volta che un numero sufficiente di api è stato evacuato dalla stampa 3D, il letto di stampa verrà aperto e le restanti api verranno riunite a mano, insieme alla loro regina, e nidiate nel nuovo alveare.”.

b-code-natural-3d-printer-jennifer-berry-harnesses-bees-to-make-objects-6

b-code-natural-3d-printer-jennifer-berry-harnesses-bees-to-make-objects-8

Mentre le forme degli oggetti create con questa stampante ape 3D sono necessariamente limitate, ciò non toglie che il processo produttivo che vi abbiamo raccontato, sia davvero affascinante e innovativo. Ed è davvero sorprendente come il modo di lavorare delle api, frutto di millenni di evoluzione, abbia così tante e innegabili analogie con la produzione additiva propria delle stampanti 3D.
“Ogni cosa che puoi immaginare, la natura l’ha già creata.” (A. Einstein)

 b-code-natural-3d-printer-jennifer-berry-harnesses-bees-to-make-objects-7

Credits: 3ders.org

Leggi anche: 

Gravity Stool: dalla combinazione di fenomeni naturali emergono forme uniche

Barriere coralline stampate in 3D: il progetto di Fondazione del Principe Alberto e Boskalis.

By Categories: NotiziePublished On: 19 Novembre, 2015

Condividi: