Si trovano ovunque, nella terra, nell’acqua, nell’aria e nella nostra pelle, ma anche in ambienti ostili alla vita. Stiamo parlando dei batteri, spesso visti come i nemici dell’uomo ma, tirate un sospiro di sollievo, non è sempre così. Alcuni di essi, infatti, vengono impiegati da secoli nella preparazione di alimenti presenti ogni giorno sulle nostre tavole come il pane, il vino, l’aceto e il formaggio; altri popolano il nostro intestino  producendo vitamine ed antibiotici, per proteggere l’organismo e rinforzare il nostro sistema immunitario.
Ultimamente, poi, questi microrganismi sono oggetto d’interesse anche nel campo del design e della moda dove vengono utilizzati per la produzione dei vestiti.  È il caso, ad esempio, del designer Sammy Jobbins Wells che li ha usati per produrre la superficie di un indumento con lo scopo di  ‘crescere’ un intero guardaroba proprio dai batteri.

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Wells nella sua ricerca ha coltivato la superficie dell’indumento, che al tatto dà una sensazione molto simile alla pelle umana, utilizzando Acetobacter xylinum, un ceppo di batteri che consuma il glucosio e produce un tessuto di cellulosa microbica. Questo metodo di produzione tessile è completamente sostenibile che non consuma energia per la sua produzione.
Wells in questo lavoro ha posto l’accento sull’interazione tra la precisione delle forme generate digitalmente e processi biologici naturali. Le forme degli indumenti in questione, infatti, sono state generate algoritmicamente da Grasshopper, e poi prodotte utilizzando attrezzature di prototipazione rapida che permettono alla cellulosa di essere in grado di contrarsi e svilupparsi sulle forme creando una perfetta vestibilità.
Le creazioni di Wells avvolgono la zona della vita e del bacino, sono diretti lungo la schiena e, infine, racchiudere la testa di chi lo indossa.

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Wells non è il primo artista a lavorare con i tessuti in crescita. La londinese stilista Suzanne Lee ricercatrice inglese presso la School of Fashion & Textiles, ha creato una serie di capi di abbigliamento in cui ha utilizzato tessuti creati dalla cellulosa batterica.  BioCouture, è il nome del suo progetto, ha sempre l’obiettivo di realizzare particolari tessuti e colorazioni da batteri ottenuti dalla fermentazione di tutte le sostanze a base di caffeina. Un processo naturale sulla quale la studiosa sta lavorando da dieci anni riscuotendo, negli ultimi tempi, risultati positivi con l’intento di instaurare una green economy di consumo e incentivare l’eco-sostenibilità dei prodotti.
La sua giacca ‘Biocouture’ è stata prodotta da milioni di batteri coltivati in vasche di dolce tè verde.

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Ciò che differenzia il lavoro di Wells da quello di Lee è il suo interesse per l’interazione del digitale e del biologico, spesso pensati come processi opposti tra loro.

By Categories: NotiziePublished On: 9 Settembre, 2014

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