L’emergenza Covid-19 ha dispiegato i suoi effetti non solo nel mondo sanitario, in primis, ma anche in quello lavorativo: migliaia di lavoratori e aziende sono stati colti alla sprovvista, non sapendo dettagliatamente come e con quali strumenti proseguire la propria attività. Ma ecco venire alla luce una nuova modalità di fare lavoro, in realtà già esistente e radicata in Paesi esteri ma accantonata in Italia a favore del tradizionale impiego in ufficio: lo smart-working!

Ne sentiamo sempre più spesso parlare, ma cosa significa davvero e con quali strumenti è possibile adoperarlo?

Smart working vuol dire letteralmente “lavoro intelligente” anche se siamo soliti ricondurlo al significato “lavoro agile”. L’Osservatorio del Politecnico di Milano lo definisce, invece, ”una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”. Trattasi, come detto, anche di lavoro intelligente in quanto, secondo Emanuele Madini, partner associato di P4I-Partners4Innovation, “l’autonomia e la flessibilità lavorativa presuppongono un ripensamento intelligente dei nuovi spazi, dei nuovi orari e delle nuove strumentazioni”. Inteso oggi come nuovo modo di lavorare, lo smart working è quindi anche il risultato di un sapiente uso dell’innovazione digitale a supporto di approcci strategici che puntano sull’integrazione e sulla collaborazione tra le persone.

In tutto questo, la tecnologia gioca un ruolo chiave, perché quando si parla di digital trasformation nei luoghi di lavoro si pensa anche all’applicazione di tecnologie avanzate per connettere persone, spazi, oggetti, con l’obiettivo di aumentare la produttività, innovare, coinvolgere persone e gruppi di lavoro. E proprio questa trasformazione digitale rende oggi possibile condurre la propria attività lavorativa da casa, con pochi ma fondamentali strumenti: pc/tablet/smartphone, connessione a internet e un sistema di software collaborativi aziendali. 

Tra questi ultimi ne esistono davvero vari ma è possibile delineare quelli più conosciuti:

  • Trello: tool di Project management che permette di gestire il flusso di lavoro. Ha una struttura ad albero, composta da bacheche, con all’interno liste formate da schede. Molto utile per pianificare, gestire e monitorare il lavoro;
  • Google Calendar: calendario condiviso in cui è possibile inserire e tenere sempre sotto controllo appuntamenti e meeting, promemoria, scadenze, eventi, riunioni, segnare le ferie o assenze di un membro del team;
  • Google Drive: tool che permette di salvare in cloud, e condividere con altri membri del team, varie tipologie di file ed è accessibile da qualsiasi piattaforma o sistema operativo, da browser o app. Alternative sono DropBox e OneDrive;
  • We Transfer: è un comodo e facile servizio per lo scambio di file, anche zip, via mail. Nella sua forma gratuita permette di scambiare documenti fino a 2GB senza occupare spazio sulla casella.
  • Skype: famosissimo software che consente di chiamare, videochiamare e inviare messaggi istantanei, sia one to one che in gruppo. Alternative sono Google Hangout Meet e Zoom (molto usati anche dal mondo scolastico).

A seguito dell’emergenza sanitaria e per contenere il rischio di contagio, un numero sempre crescente di aziende ha via via chiesto ai propri dipendenti di limitare le trasferte di lavoro e lavorare in Smart Working, utilizzando gli strumenti di collaboration a loro disposizione. Inoltre, la recente indagine “Infojobs smart working 2020”, condotta a marzo 2020, ha dimostrato che il ben 72% delle aziende ha messo a disposizione in tempi brevi mezzi e strumenti per permettere ai collaboratori di proseguire il lavoro da remoto, inoltre per poco più della metà delle aziende che hanno che hanno attivato lo Smart Working (56%) questo è stato il primo test in assoluto. Il 64,5% delle aziende ha dichiarato che i dipendenti hanno apprezzato questa decisione, che non ha avuto contraccolpi sulla produttività (39%), o ne ha avuti ma in maniera limitata (25,5%). Guardando ai lavoratori, il 79% ha dichiarato di averlo adottato per la prima volta, mentre per il 14,5% sono solo cambiate le modalità di fruizione e per il 6,5% non c’è stato alcun cambiamento rispetto a prima.

Ottimi risultati che presagiscono un continuum dello smart working anche al termine di questa emergenza.

 

Fonti

Quotidiano.net

Digital4.biz

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By Categories: NotiziePublished On: 17 Aprile, 2020

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