Cos’è la gamification

“L’uomo è un animale che gioca: deve sempre cercare di vincere in una cosa o l’altra”, così diceva lo scrittore, poeta e drammaturgo inglese Charles Lamb, oltre 200 anni fa. Oggi la nostra predisposizione al gioco è resa ancora più evidente dalla proliferazione di dispositivi digitali, come smartphone e tablet, e di piattaforme che hanno invaso le varie attività quotidiane, rendendo la nostra cultura ‘ludicizzata’.

Il gioco, però, non costituisce sempre un divertimento fine a se stesso, anzi. Le sue dinamiche possono essere utilizzate per trasmettere messaggiinformazionicoinvolgere e persino stimolare nuovi comportamenti. È proprio sulla base di queste dinamiche che si sviluppa la cosiddetta ‘gamification’, ovvero l’applicazione di meccanismi tipici del gioco a contesti non ludici, con lo scopo di aumentare l’engagement e promuovere la fidelizzazione dell’utente.

Questo nuovo linguaggio offre ai musei una grande opportunità di riscoperta e rinascita, permettendo loro di rimanere competitivi. I musei stanno infatti cominciando a trovare nuovi modi per soddisfare le esigenze dei loro visitatori e migliorare la loro esperienza al museo e hanno iniziato ad aggiungere alla propria offerta museale tecnologie digitali e tecniche di gamification attraverso l’utilizzo di applicazioni mobile da fruire all’interno dei propri spazi allestitivi.

I benefici derivanti dalla gamification

È ormai superata idea di museo come luogo di contemplazione passiva ed è subentrata una concezione più dinamica dello stesso. Il museo è visto come spazio di apprendimento e di interazione in cui i visitatori sono chiamati a partecipare attivamente alla costruzione della propria esperienza di visita, passando da semplici consumatori a dei veri e propri consum-attori.

I musei oggi possono contare su una varietà di soluzioni che permettono loro di differenziarsi e focalizzarsi su segmenti diversi di pubblico. Il gaming nel patrimonio culturale consente di vivere l’esperienza museale come quella di un videogioco, con la differenza che chi vive l’esperienza non muove più un avatar, seduto sulla poltrona di casa, ma si muove in uno spazio fisico reale, il museo, risolvendo missioni ed enigmi che man mano l’app propone, una volta superati i vari livelli. Dato che le missioni proposte nel gioco saranno sempre diverse, la visita al museo non sarà più occasionale, ma rappresenterà un momento di gioco e divertimento da vivere molto più frequentemente.

Si crea coinvolgimento perché gli utenti diventano protagonisti e si crea motivazione fornendo un’esperienza più leggera.

Musei che applicano la gamification

Father and Son al MANN

Un esempio nostrano è quello di “Father and Son”, il primo videogioco in Italia a essere stato realizzato per un museo e da un museo: il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Si tratta di un’app che porta l’utente a ripercorrere la storia di un figlio che, dopo aver ricevuto una lettera dal padre, si avventura per Napoli, raggiungendo proprio il MANN. Il viaggio, attraverso la città e le epoche, lo aiuta a ritrovare sé stesso e gli insegnamenti paterni. Tra passato e presente, il figlio (il giocatore) scopre quanto la storia sia importante e quanti suoi riferimenti si possano cogliere anche nel presente. Il gioco permette di visitare il museo dallo schermo dello smartphone però coinvolge attivamente il giocatore che, per ottenere funzionalità extra e finire il gioco, deve fisicamente fare il check-in nel museo e visitarlo. “Father and Son” ha ottenuto grande successo: 1.400.000 download per questo prodotto decisamente creativo.

Phylo Card Game al Beaty Biodiversity Museum

Richiamando il grande successo dei Pokemon, il Beaty Biodiversity Museum ha realizzato Phylo Card Game, un mazzo di 48 carte dedicate agli animali, del costo di 12.99 dollari. Le schede sono state curate dal personale scientifico del museo, che ha abbinato l’accuratezza scientifica a quella narrativa. Un’idea straordinariamente semplice quanto coinvolgente per diffondere conoscenza utilizzando un linguaggio giovane e moderno. Questo strumento ha il grande pregio di poter essere riutilizzato anche fuori dalla struttura museale, dando vita a fenomeni quali collezionismo, scambio tra giocatori e tornei.

Secret Seekers al Victoria and Albert Museum

Secret Seekers è uno dei mobile game del Victoria and Albert Museum di Londra, rilasciato con l’inaugurazione della mostra ‘Road Quarter’ nel giugno 2017. Il gioco incoraggia i giocatori ad esplorare la storia e gli edifici del V&A Museum e vede protagonisti otto personaggi della ricca storia del V&A Museum che guidano gli utenti in un’entusiasmante caccia al tesoro per scoprire alcuni dei segreti del museo e rivelano interessanti fatti storici e curiosità. Attraverso una serie di sfide basate su quiz, il gioco aiuta i bambini e le famiglie a scoprire fatti e caratteristiche poco noti della propria collezione. Il gioco offre quindi a famiglie e amici la possibilità di giocare con il museo stesso per completare sfide, raccogliere gemme e sbloccare risultati speciali.

 

Questi sono alcuni degli esempi che hanno fatto della gamification un valido strumento di marketing culturale. Sebbene con metodi e argomenti differenti, il focus rimane lo stesso: per comunicare più efficacemente servono idee e approcci originali capaci di modificare la prospettiva e incuriosire. La gamification aiuta a costruire un percorso di storytelling in grado di parlare (e far parlare) di qualsiasi argomento. Ogni museo ha molto da raccontare e con questa tecnica estremamente creativa potrebbe ottenere grandi risultati a livello di coinvolgimento del pubblico, purché accolga la sfida affrontandola con originalità.

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Fonti:
Ilsole24ore.com
Musei-it.com
Musefirenze.it

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By Categories: NotiziePublished On: 18 Luglio, 2020

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