Utilizzare tecniche di stampa 3D e di scanning 3D per creare muscoli artificiali. L’idea arriva da Fergal Coulter, docente e dottorando presso il College of Art & Design e Build Environment presso la Nottingham Trent University ed è progetto incentrato su un tipo molto speciale di muscoli artificiali, ovvero i dielettrici elastomeri attuatori (DEA).
Un progetto molto interessante che si renderebbe perfetto per una varietà di applicazioni mediche e per il loro utilizzo come protesi bio-robotiche stampate in 3D. Insomma, un progetto potenzialmente in grado davvero fare una grande differenza.
Come spiega a 3ders.org, i DEA sono essenzialmente membrane di gomma ricoperti di elettrodi, “creati stampando elettrodi conduttivi ed estensibili su entrambi i lati di una membrana di gomma sottile (in questo caso il silicone). Quando viene applicata una tensione agli elettrodi, le cariche opposte su entrambi gli elettrodi attraggono l’uno l’altro, e questo si traduce in uno schiacciamento della gomma e quindi un allungamento generale.”, spiega lo stesso Fergal.
Ecco un video di tale movimento:
Fergal Coulter per realizzare il suo progetto ha usato la scansione 3D e la stampa 3D su strutture gonfiate, utilizzando più strati di silicone duro (Shore A 73 Hardness). Il risultato? La creazione di splendide e, allo stesso tempo, funzionali forme. Un processo che renderebbe i DEA molto più efficienti, come spiega Fergal stesso: “Un aspetto critico dei DEA è che funzionano molto meglio quando la gomma è allungata e quindi quando è tenuta in tensione. È per tale ragione che ho gonfiato i miei palloncini, in modo da conferire loro una pre-deformazione. Per mantenere un po’ di questa tensione ho estruso una struttura di supporto in silicone duro su tutta la superficie del palloncino”.
Le strutture in silicone, che notate nelle foto, sono disegni geometrici a nido d’ape in grado di comprimersi ed espandersi in modo uniforme, in modo da assecondare uniformemente il “palloncino” che si sgonfia e si gonfia. “Quando la tensione pneumatica viene rimossa (cioè il palloncino viene sgonfiato) dopo che la struttura di supporto è indurita/polimerizzata, l’intero gruppo può collassare in modo uniforme, senza deformazioni o grinze. Quando la compressione della struttura di supporto è uguale alla tensione nella membrana del palloncino, tale fenomeno viene chiamato struttura energetica minima”, spiega Fergal.
La maggior parte del lavoro di progettazione che Fergal ha sostenuto, si è basata su superfici digitalizzate e software come Rhino3D e Grasshopper, anche se ha dovuto lavorare un bel po’ anche sul codice personalizzato per la creazione delle geometrie del percorso utensile e del GCode per la velocità di movimento.
La stampante scelta da Fergal per il suo lavoro è stata la Leapfrog Creatr 3D, che tuttavia è stata ampliata e personalizzata per soddisfare le esigenze del progetto. “Ho usato il Creatr come se fosse la mia piattaforma di base su cui costruire. Ho sostituito la testina di stampa del suo hot-end con una valvola a spola, così ho potuto estrudere silicone. Ho montato, poi, un dispositivo di misurazione laser in linea con la valvola, programmandolo per agire da scanner 3D. Ho progettato, infine, un 4° asse rotante (mandrino)” spiega Fergal. “Queste modifiche hanno trasformato la mia macchina in una sorta di tornio additivo. I mandrini sono permeabili all’aria, in modo che quando li ricopro di silicone, posso gonfiare le membrane forzando l’aria compressa nel nucleo o mandrino, questa poi permea fuori in superficie causando l’espansione della struttura”.
Attualmente Fergal è alla ricerca di un istituto di ricerca o università interessato a continuare questo lavoro, di cui pubblicherà i metodi nei prossimi mesi.
Una bella sfida per la nuova, affascinante, e potenzialmente molto utile, applicazione della tecnologia di stampa 3D.
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