Qualche mese fa abbiamo raccontato di un’interessante ricerca del MIT di Boston, sulla messa a punto di un nuovo tipo di struttura in grado di ricordare la forma originale e di tornare in quello stato, anche dopo essere stata deformata. Una tecnica che potrebbe trovare applicazioni in vari settori, da quello farmacologico fino a quello dei pannelli solari.
Sullo stesso filone, sempre dall’ateneo statunitense, oggi, arriva una nuova ricerca che riguarda un materiale capace di animarsi e di cambiare forma una volta terminata la fase di stampa 3D. Proprio così, una forma che potrebbe essere modificata senza dover produrre tutto da zero!

L’innovativo materiale è capace di cambiare il proprio volume, e quindi potenzialmente anche la forma, una volta esposto a determinate condizioni ambientali.

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Il processo di stampa 3D, funziona per addizione di materiale tramite la deposizione, strato su strato, di  polimeri seguendo un percorso determinato. Una volta completata la stampa 3D dell’oggetto, i polimeri che formano il materiale sono ‘morti’, cioè non possono essere allungati  per ottenere nuove forme a partire dall’oggetto stesso. Per andare oltre a questo limite, i ricercatori del MIT hanno utilizzato una metodologia, nota come “polimerizzazione vivente”, che permette di creare prodotti la cui crescita può essere interrotta e poi ripresa in un secondo momento.

Il gruppo di lavoro guidato da Jeremiah Johnson, professore associato di Chimica al Mit, ha progettato nuovi polimeri, attivabili dai raggi ultravioletti. “Ogni polimero contiene gruppi chimici che funzionano come una fisarmonica”, ha spiegato il team del Mit. Conosciuti come Ttc, questi elementi si accendono grazie a catalizzatori organici guidati dalla luce. Quando la componente blu “di un Led illumina il catalizzatore, vi attacca nuovi monomeri, facendoli così allungare. I monomeri distribuiti in modo uniforme su tutta la struttura, conferendo così al materiale nuove proprietà”.

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Grazie a questa tecnica, gli oggetti, oltre a cambiare le proprie caratteristiche meccaniche (ad esempio, la durezza), possono anche modificare le proprie condizioni di permeabilità, diventando idrorepellenti. A seconda del tipo di monomero utilizzato, inoltre i materiali sono anche in grado di gonfiarsi e contrarsi al variare della temperatura.
Secondo i ricercatori, tale metodologia di “polimerizzazione vivente” permetterebbe addirittura di fondere tra loro due strutture, semplicemente illuminando le parti degli oggetti da unire.

fonte: ictbusiness.it

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By Categories: NotiziePublished On: 20 Gennaio, 2017

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