Un team di scienziati della Harvard Medical School è riuscito a individuare l’enzima che attiva la rapida morte delle cellule nervose nelle persone affette dalla SLA. I risultati di tale studio, pubblicato il 5 agosto sulla rivista Science, potrebbero portare a nuove terapie per fermare la progressione della malattia che colpisce più di 30.000 persone solo in America.

L’insorgenza della SLA, conosciuta anche come morbo di Lou Gehrig, è caratterizzata dalla degradazione graduale, ed eventuale morte, di assoni neuronali, le sporgenze sottili su cellule nervose che trasmettono segnali da una cellula all’altra.

Lo studio HMS ha rivelato che il comportamento aberrante di un enzima chiamato RIPK1 causa danni agli assoni dei neuroni interrompendo la produzione di mielina, cellule nervose note come oligodendrociti, che secernono una sostanza morbida ricca di grassi e proteine, la quale avvolge gli assoni per sostenere la loro funzione e per proteggerli isolandoli da eventuali danni.

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Il nostro studio non solo chiarisce il meccanismo di danno assonale, ma individua anche una possibile strategia di protezione che inibisca l’attività di RIPK1“, ha affermato Junying Yuan il ricercatore senior dello studio, nonchè professore di Biologia Cellulare presso HMS. I nuovi risultati arrivano sulla scia di una serie di scoperte che Yuan e il suo team ha fatto negli ultimi dieci anni, rivelando il RIPK1 come il responsabile dell’infiammazione e della morte cellulare.
I ricercatori hanno mostrato che l’attività di RIPK1 potrebbe essere bloccata da una sostanza chimica chiamata necrostatin-1. Durante esperimenti in laboratorio condotti su ratti geneticamente modificati per sviluppare la SLA, il team ha potuto osservare come il necrostatin-1 sia riuscito a domare l’attività di RIPK1 nelle cellule di tali topi. In una serie finale di esperimenti, i ricercatori hanno utilizzato necrostatin-1 per il trattamento di topi con danno assonale e debolezza alle gambe, un segno rivelatore di morte assonale. Abbene, in questo caso il necrostatin-1 non solo è riuscito a ripristinare la guaina mielinica fermando il danno assonale, ma è stato in grado anche di cessare la debolezza degli arti negli animali trattati con tale sostanza.

Secondo il team di scienziati, inoltre, i risultati di questa ricerca suggeriscono che il RIPK1 può essere coinvolto in una serie di altre malattie segnate da danno assonale, tra cui la sclerosi multipla, alcune forme di atrofia muscolare spinale e persino il morbo di Alzheimer.
Una scoperta importantissima, dunque, che spalanca l’opportunità di nuove vincenti terapie per fermare l’avanzamento di malattie neurodegenerative.

fonte: harvard.edu

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By Categories: NotiziePublished On: 26 Agosto, 2016

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