Ieri vi abbiamo raccontato come un team di scienziati olandesi hanno stampato in 3D con successo la prima clavicola da utilizzare in chirurgia. Anche oggi la nostra news arriva dall’Olanda e, in particolare, dalla University Medical Center di Utrecht, in cui è stata sviluppata un’interessante innovazione nel 3D bioprinting: si tratta di una soluzione idrogel che può essere utilizzata per riparare la cartilagine delle ossa su larga scala.
Il team internazionale di ricercatori, coordinati dal professore associato Jos Malda, è arrivato a questo risultato realizzando strutture stampate in 3D utilizzate per migliorare e sostenere, in modo significativo, la rigenerazione delle cellule della cartilagine delle ossa. In questo processo, i ricercatori hanno lavorato su specifici polimeri chiamati idrogel, la cui più preziosa caratteristica è la loro capacità di trattenere grandi quantità di umidità, il che li rende una sostanza portante perfetta per le cellule utilizzate nel trattamento rigenerativo.
In realtà, tali polimeri già vengono utilizzati come materiale di supporto per terapie cellulari su piccola scala. Tuttavia, questa nuova ricerca ha visto gli scienziati trasformare l’approccio di terapia cellulare, su una scala più ampia.
Key è la stampa 3D di minuscole reti di fibre sottili che possono rafforzare e sostenere gli idrogeli per grandi superfici. Tali reti, infatti, hanno proprietà simili alle cartilagini delle articolazioni. “In questo momento terapia cellulare viene già applicata con successo in vari ospedali olandesi per riparare i danni alla cartilagine, ma ci sono limiti dovuti alla forma e dimensione del difetto della cartilagine. Limiti che è possibile risolvere con tale approccio.” ha affermato Jos Malda, spiegando che gli idrogeli rinforzati sono più solidi e più elastici rispetto alla maggior parte dei vettori cellulari e, inoltre, attraverso questo nuovo sistema, è molto probabile che si riuscirà anche a ripristinare grandi parti di un’articolazione.
Inoltre, la tecnologia di stampa 3D, potrebbe essere utilizzata per replicare la forma originale delle articolazioni, e soprattutto per modellare la forma e il contenuto in base al danno e contorni dell’articolazione di un paziente, come spiega Malda: “Con questo approccio, in un prossimo futuro, potremmo essere in grado di riparare grandi parti di un giunto, come ad esempio del ginocchio o dell’anca, in modo molto più preciso di quanto possiamo fare oggi”.
I risultati di questo studio sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Nature Communications. La ricerca è stata resa possibile da una collaborazione tra l’Università di Wurzburg, la Queensland University of Technology e il finanziamento da parte dell’Unione Europea e della Arthritis Foundation.
Anche se il progetto è ancora in corso, il team di scienziati sta attualmente studiano come riparare grandi superfici articolari che utilizzano questo approccio di stampa 3D. Particolarmente interessante è capire se la cartilagine riparata utilizzando tale approccio, possa equivalersi in qualità alle strutture formate naturalmente.
Tuttavia, questo non è l’unico progetto che l’Università di Utrecht sta dedicando al campo del 3D bioprinting. Già per l’autunno 2015, infatti, sono in programma due importanti appuntamenti, quali un master e un convegno sui temi della Biofabrication. Qualcosa ci dice che sentiremo ancora parlare Utrecht…
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